Ci vorrebbe per il cinema (e il Cinetel), quel che Balassone fa per la televisione.
Chissà se lo troveremo in Anica.
Fonte: Europa quotidiano
La notizia, grossa, di questo inizio della stagione televisiva è che – a giudicare dalla prima parte di ottobre – il pubblico della serata è diminuito. Si tratta del primo rimpicciolimento della platea a partire dal 2007, l’ultimo anno prima della crisi, con il crack di Lehman e quel che ne è seguito. Era da quell’anno che il pubblico della tv aumentava costantemente.
E la ragione ai nostri occhi era semplice: meno soldi abbiamo in tasca più ce ne stiamo a casa, evitando pizzerie, cinema, pub ed altri luoghi dispendiosi. Così il pubblico nel 2012, dopo la gragnuola di tasse, il dileguarsi delle pensioni di anzianità e col Pil in picchiata, si è raggiunto il massimo storico di 24,3 milioni di spettatori (parliamo della media nei giorni dall’1 al 17 di ottobre).
Mentre quest’anno sono 23,7 milioni. Siamo ancora un milione sopra le platee pre-crisi, ma la diminuzione è secca e, ripetiamo, è la prima dopo anni e anni di costante aumento. La Toscana e l’Emilia e Romagna sono le regioni che stanno uscendo più velocemente dalla reclusione casalinga, mentre il nord est sembra stagnante e il sud, come la solito, peggiora (tranne, che in Campania e Sicilia, tanto per smentire i luoghi comuni). Insomma, anche se da parecchie parti la crisi ancora impazza, qualche luce qua e là compare e la caverna televisiva comincia a rilasciare i suoi prigionieri.
All’uscita da questi anni troviamo un panorama dell’ascolto televisivo profondamente cambiato: nel 2007 la Rai raccoglieva il 44 per cento degli spettatori e oggi è scesa al 37 per cento; Mediaset è passata dal 41 per cento al 36 per cento. Nell’insieme il duopolio ereditato dalla Prima repubblica ha perso il 12 per cento degli spettatori.
Ne ha guadagnato il non-duopolio: il 2,5 per cento si è spostato su La7 (a proposito, ieri sera Santoro ha superato di parecchio il 12 per cento) e il resto si è rovesciato tutto sulla tv satellitare, fenomeno in forte accelerazione negli ultimi tre anni e che potrebbe diventare ancora più veloce con l’uscita, incrociando le dita, dalla crisi economica.
A dirla tutta, gli spettatori stanno realizzando sul campo una vera “distruzione creativa” del sistema televisivo sottraendo legittimità alla Rai e risorse a Mediaset, a favore degli altri attori del sistema. Va da sé che quelli pagati per fare le riforme, cioè i parlamentari, possono starsene alla finestra a guardare quel che accade, ammesso che se ne accorgano, oppure metter mano al pensiero e cogliere l’occasione per fare sentire anche la loro voce.
In fondo l’Europa, con l’”eccezione culturale” ha deciso che nel campo della industria audiovisiva lo stato deve avere un ruolo. Da noi si è limitato a fare il guardiano dell’harem del duopolio. Ma se non cambia mentalità si troverà a tutelare, ben che vada, un residuale bordello che neanche i peggiori locali di Caracas.
Stefano Balassone