Durante l’estate 2010, parlando con gli amici Gigi De Luca e Ilir Butka, ci venne l’idea di realizzare un documentario che rievocasse l’epoca degli sbarchi di migranti in Puglia, con particolare riferimento alla Vlora, la cui forza immaginifica, ha rappresentato – dal nostro punto di vista – quel che l’undici settembre è stato per gli anni duemila.
Presidente dell’Apulia film commission era allora Oscar Iarussi che, in modo lungimirante, accondiscese e incoraggiò quell’idea.
Avevamo bisogno, a questo punto, di un regista dallo sguardo alieno dai condizionamenti culturali di chi la vicenda l’ha vissuta da presso. Pensammo, quindi, di affidare la regia a Daniele Vicari, convinti (e chi vedrà il film ce ne darà atto) che la capacità di questo autore, che nasce documentarista, fosse quella di fornire una chiave di lettura innovativa, di stupire con le immagini, di costruire una narrazione e non solo una documentazione.
In quella riunione presentammo una bozza di pre – soggetto, un’idea filmica, che avevo in precedenza condiviso con Ilir e Gigi dal titolo provvisorio “Vlora – L’Italia che cambia”.
Vicari decise di accettare il nostro invito a realizzare l’opera e successivamente il nostro Consiglio di Amministrazione ritenne di stanziare un budget per produrlo e mi diede mandato (chiaramente gratuito come tutta l’operazione è stata per me e Gigi) a ricercare una società di primaria importanza internazionale, interessata a co-produrre con noi il film.
Dopo alcuni contatti romani, scegliemmo la Indigo film, brillante casa di produzione i cui soci sono Francesca Cima, Nicola Giuliano e Carlotta Calori. Per chi ancora non li conosce: Indigo
Assistiti dal nostro consulente legale, il Prof. Avv. Ugo Patroni Griffi elaborammo e sottoscrivemmo dapprima un contratto di co-sviluppo e poi uno di co-produzione.
Avevamo messo in pista la nostra prima grossa produzione a diretta responsabilità Apulia Film Commission.
Da quel momento ho seguito ogni passaggio produttivo con i colleghi di Indigo.
Il primo fu la scelta di una co-sceneggiatrice. Sottoponemmo a Vicari alcuni cv di sceneggiatori pugliesi e questi scelse Antonella Gaeta, che molto tempo dopo sarebbe divenuta la nostra Presidente.
Il secondo fu trovare dei partner coproduttivi e delle collaborazioni: entrarono così in tempi diversi la Ska-Ndal film di Ilir Butka con la quota del 10%, Rai Cinema con un contributo di 100mila euro e Telenorba che ha reso disponibili le immagini dei suoi archivi, ricchi di materiali meravigliosi, al pari di altre emittenti locali, quali Telebari e, ovviamente, le Teche Rai. Ultimo, ma non ultimo, il Mibac che ha concesso il sigillo di “opera di interesse culturale nazionale” al film. Il budget di progetto è di 281.000 euro coperti al 60% da Indigo e al 40% da noi, con la garanzia che ogni ulteriore apporto andasse a coprire la quota dei due produttori maggioritari.
Nel frattempo Vicari, con il suo montatore e co-sceneggiatore di fiducia Benni Atria e la Gaeta, diede vita a un intenso lavoro di ricerca di testimonianze e di immagini che presto vedrete nel bellissimo documentario che ha preso il titolo definitivo de “La nave dolce”.
La vera difficoltà produttiva è stata rappresentata dalla concomitante realizzazione di un film complesso e ambizioso come “Diaz” per la regia di Daniele Vicari e dalla difficoltà di reperire le immagini di repertorio uniche e preziose che oggi sono, assieme alla sua struttura narrativa, la ragione di vero stupore che lascia nel pubblico che lo vede la prima volta (e anche le successive).
A fine luglio 2012 il direttore della 69^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia ci ha comunicato la sua intenzione di selezionare il nostro film tra i pochi film italiani.
Noi siamo la prima film commission ad aver avuto l’idea di un film e ad averlo realizzato, non semplicemente finanziandolo. Ma producendolo.
Ora stiamo trattando per distribuirlo bene affinché possano vederlo in tanti, non solo a Venezia o in Tv.
La battaglia continua.