Cito Stefano Balassone:
Pochi se ne sono accorti, ma il 25 aprile Mediaset ha fatto una mossa di non piccolo significato trasmettendo la prima puntata di una telenovela spagnola, che dopo il lancio sull’ammiraglia, avrebbe dovuto proseguire la navigazione su Rete4, a partire dal Primo maggio.
Protagonista de’ Il tempo e il coraggio dell’amore è Sira che nella seconda puntata si sveglierà, a quanto si legge, legata a un letto d’ospedale con la rivelazione di avere perso il figlio che portava in grembo (sarà perdita vera oppure no?). Ebbene, è accaduto che l’operina acquistata a Madrid sia stata accolta benissimo perché non se la sono fatta sfuggire gli spettatori che da tempo stanno decretando il successo della precedente telenovela di provenienza iberica: Il Segreto.
La sorella maggiore due giorni prima aveva raccolto il 14,5% dell’ascolto totale della serata; la novellina è subito partita con il 13,5%; attraendo più uomini rispetto alla prima (sarà perché c’è di mezzo anche una qualche prospettiva di “action” grazie alla concomitanza della Guerra Civile in Spagna), ma tra le signore il dato è comunque di tutto rispetto, particolarmente per quelle comprese fra i 25 e i 55 anni, l’età in cui si consuma di più per sé e per la famiglia, che costituiscono l’oggetto di culto per chiunque faccia pubblicità in televisione; la collocazione sociale è molto più elevata (le élites e in genere i laureati raddoppiano rispetto a Il Segreto, con i loro cospicui budget indipendenti rispetto al cuneo fiscale (il bonus Matteo); applausi vigorosi in quasi tutto il Sud e particolarmente in Calabria e Sicilia, la Mecca dei programmatori delle fiction cuori e dolori. .
Davanti a queste cifre è arrivato tempestivo il contrordine: «la Sira, con quel ben di dio del figlio che chissà se…, ce la teniamo su Canale5», a macinare ricavi pubblicitari ben maggiori di quelli che potrebbe fornirci su Rete4. Questa la versione ufficiale.
Nella realtà sospettiamo che a Cologno Monzese abbiamo scelto un lancio in sottotono: se andava male toccava a Rete4; se andava bene si restava a su Canale5. È andata bene, almeno per ora.
Resta però il punto davvero interessante: Mediaset sembra pronta ad allentare il modello delle reti generaliste “identitarie” (sia pure riferite a identità da marketing: Canale5 per le classi attive, Italia1 per l’età dei brufoli, Rete4 per quella dei capelli bianchissimi) lasciando intravedere un prossimo futuro in cui l’ammiraglia generalista sarà davvero una sola, mentre Rete4 e Italia1 le forniscono all’occorrenza i pezzi di ricambio o ne ospitano gli scarti. Definiremmo il tutto come un ripiegamento strategico di fronte al costo pesante, anche per la strutturale crisi della pubblicità, del mantenimento di tre “vere reti”.
Insomma, Mediaset si muove nella crisi componendo palinsesti con la flessibilità consentita a chi da sempre fa conto sui prodotti acquistati (e di questi tempi va alla grande il prodotto spagnolo).
La campana però suona anche per la Rai, inchiodata a tre reti la cui differenziazione identitaria non può basarsi sui marketing (in fondo è il servizio pubblico, no?), ma nemmeno proseguire con i fantasmi “pluralisti” (un tg al governo, uno all’opposizione, l’altro un po’ e un po’) che la fanno, immeritatamente per chi ci lavora, assomigliare alla nave dell’olandese volante che ne’ I pirati dei Caraibi è manovrata da una buffa compagnia di zombie. E poi perché, a colpi di prodotti di acquisto Mediaset potrebbe riuscire a mangiarle, come si dice, “la pappa in capo”, alla faccia degli estenuati e interminabili show/talent (al primo esordio la telenovela acquistata con quattro soldi ha raccolto la stessa audience de’ La Pista, l’ultima fatica affidata da Raiuno a Flavio Insinna) che o costano un occhio della testa o fanno fuggire il pubblico al pari delle epidemie riferite da Tucidide e Boccaccio.
Fonte: Europa