E’ stato presentato al Cineporto di Lecce "Gitanistan – Lo Stato immaginario delle famiglie rom-salentine" di Gigi De Donno e Claudio "Cavallo" Giagnotti. Il documentario, prodotto da Maxman Coop, in coproduzione con Freim Produzioni e Dilinò – Centro del mediterraneo, con il contributo della Fondazione Apulia Film Commission, è in corso di riprese in Salento tra Muro leccese, Sanarica, Taurisano, Martano, Scorrano, Gallipoli e Seclì.
L’opera di De Donno e Giagnotti vuole raccontare la storia di una "comunità invisibile" stabilitasi in Salento già dagli inizi del ‘800 che ha contribuito e contribuisce tuttora in maniera decisiva all’evoluzione culturale nonché alla conservazione e rinnovazione delle tradizioni salentine. Un comunità che si autodefinisce "invisibile" perché ormai da generazioni è totalmente integrata nel territorio pur mantenendo alcune usanze tipicamente rom come l’arte del ferro e dei suoi mestieri, l’allevamento il macello e la vendita di cavalli, l’abilità artistiche musicali.
All’incontro sono intervenuti i due registi, Luigi De Luca, vicepresidente di Apulia Film Commission, e Antonio De Marco, studioso e operatore culturale.
"Il progetto "Gitanistan" –ha precisato De Luca- non è solo un documentario, ma una ricerca più articolata. L’Apulia Film Commission ha accettato ben volentieri di sostenere questa avventura per almeno due motivi. Innanzitutto per il valore filmico perché da sempre guardiamo con attenzione non solo alle grandi produzioni nazionali e internazionali, ma soprattutto a quello che di buono nasce sul nostro territorio. L’altro motivo è che al di là del suo valore filmico, "Gitanistan" ha un significato politico molto importante: l’esperienza dei rom rappresenta una ferita ancora aperta e la dimostrazione che intorno al concetto di integrazione c’è ancora molta strada da percorrere".
Giagnotti - leader dei Mascarimirì, coregista e produttore (con Dilinò) di "Gitanistan"-, ricordando che le origini delle sua famiglia sono rom, ha aggiunto: "In due anni e mezzo, abbiamo lavorato molto per cercato di entrare in queste famiglie che sono molto chiuse e riservate rispetto alle proprie origini. In questi giorni di riprese abbiamo incontrato e intervistato la mia famiglia, personaggi incredibili raccontando anche i disagi sociali che molte altre famiglie vivono. Un altro aspetto importante che continueremo ha studiare è rappresentato dalla lingua rom: dovrebbe essere studiata anche in collaborazione con l’Università del Salento".
De Donno, invece, ha precisato che il documentario racconta soprattutto la storia di alcune delle più importanti famiglie rom che vivono in Salento: Dolce, D’amato, Rinaldi, Barbetta e Bevilacqua. "Le figure centrali della narrazione sono, oltre a Cavallo, suo nonno Giuseppe Rinaldi e suo zio Oronzo Rinaldi –spiega-. Giuseppe Rinaldi detto "Zeppu lu Zingaru" è stato quello che come carisma ha segnato il passaggio tra la classica famiglia rom e quella rom salentina, non perdendo però l’interpretazione rom delle tradizioni salentine. Molta importanza sarà data anche alla musica dei Mascarimirì e il loro ultimo album "Gitanistan", colonna sonora naturale del documentario".
De Marco, infine, ha ricordato com’è nato il progetto: "La mia ricerca è partita da una forte curiosità nata dalla presenza di una edicola votiva nel mio paese, Patù. Parlando con gli anziani abbiamo ricostruito la presenza dei rom intorno a quella edicola per commerciare, riparare le pentole in terracotta e vendere i ferri (realizzati dalle donne) per fare la pasta fatta in casa. Questi intrecci mi hanno incuriosito molto e hanno guidato la mia ricerca".