Una breve riflessione sulla pirateria.
Mi capita spesso di partecipare a convegni di settore in cui i vecchi soloni della produzione nazionale inneggiano a sistemi censori contro la pirateria, all'inasprimento delle pene, ad ogni sorta di controllo per impedire questa vera piaga sociale ed economica.
Io sorrido. E ho sorriso tanto quando, a Venezia, tre anni fa, in un importante forum, il regista Daniele Luchetti ha spiegato che la pirateria è ineliminabile. Ero e sono d'accordo con lui.
La pirateria nasce dalla stessa materia della creazione artistica digitale. Se c'è Avatar, ci sarà anche la pirateria che si alimenta con le stesse macchine con cui viene realizzata l'opera d'arte o commerciale audiovisiva.
Dunque a mio parere c'è solo un modo per contenere la pirateria: lucrarci su.
Una tasa di scopo che incida su tutta la filiera di prodotti industriali che sfruttano contenuti audiovisivi (dvd, cd, hard disk, computer, accessori, i-phone, smart phone, i-pad, connessioni internet, service provider, ecc.) è l'unica possibile risorsa da far convergere in un fondo unico, amministrato da un Centro Nazionale per il Cinema e l'Audiovisivo, con il quale alimentare le opere originali.
Così anche i pirati parteciperebbero alla creazione di cui beneficiano a valle.
Obiezione: la Ue non consente la creazione di tasse di scopo. Bene, chiamiamola in altro modo. Ma facciamola. E facciamola presto.
Caro Silvio,
leggo sempre con forte empatia tutto ciò che scrivi, ma stavolta, perdonami, non sono d’accordo.
Innanzitutto, già esiste una tassa della Siae su tutti i supporti di memoria come Dvd e Cd, etc. e supera di gran lunga il valore reale del prodotto. Ciò è ingiusto per almeno due motivi: perchè magari io quel supporto non lo userò mai per prodotti coperti da copyright e perchè rallenta l’economia, in quanto alzando (di parecchio…) il prezzo di mercato ne riduce l’acquisto.
Inoltre faccio notare come l’errore stia nel continuare a voler utilizzare una norma, come quella sul copyright, che è una norma storicamente nata con finalità censorie rispetto alla libera circolazione delle opinioni.
Ovviamente, i principali introiti derivanti da questi meccanismi (al netto dei soldi scomparsi nelle profonde tasche della Siae) vanno agli editori e non agli autori, come sarebbe giusto, a cui arrivano solo le briciole.
Il Copyleft, invece, fa passi da gigante, perchè figlio di una generazione di autori abituati a “piratare”, nel senso del riutilizzo e del cosiddetto mashup, nonchè della libera circolazione delle opere culturali avvenuta con l’avvento della digitalizzazione.
C’è chi sostiene che ogni oggetto culturale, per quanto originale, sia una rielaborazione di tutto ciò che è stato già creato.
Potrete creare tutte le barriere e le normative ACTA che vi pare, ma la rete, l’intelligenza collettiva affamata di cultura e d’informazione, non si fermerà mai.
Non riduciamo la capacità e la voglia di crescere culturalmente tutti insieme.
Se proprio delle tasse dobbiamo imporre, assicuriamoci di tutelare per una volta la gente e non gli interessi del capitale come al solito.
Aboliamo il copyright ed inventiamo un nuovo modo di fare cultura.
Oggi potremmo creare non una tassa, ma un abbonamento statale ragionevole ad una mediateca virtuale in cui poter vedere tutti i film anche quelli più vecchi,
ascoltare tutti i dischi e leggere tutti i libri, tutto in digitale, ed in base alle quote di utilizzo dell’utenza ripartire i diritti agli autori veri delle opere, non ai “proprietari”, ai pronipoti, etc..
La cultura è di tutti. Nessuno la possiede, ma tutti la rielaborano e quando questo meccanismo virtuoso s’instaura tutti ci arricchiamo un pò alla volta, anche se pochi se ne accorgono e gli altri fanno finta di niente.
C’è già l’equo compenso, che finisce nelle casse della SIAE per indennizzare gli autori. Nonostante sia imposto ai produttori, li induce poi a rincarare il prezzo di vendita al cliente finale. Tanto per fare un esempio, Apple all’inizio di quest’anno ha rincarato tutti i prezzi di listino per l’Italia mediamente tra 3 e 20 euro. Credo che basti come sovrattassa, no?
Nel concetto sono d’accordo con Silvio, la ‘pirateria’ audiovisiva è connessa allo stesso sistema e all’uso delle nuove tecnologie per la produzione dei contenuti.
Fenomeno, infatti, che inizia a colpire anche il mercato dei libri, ora che partono e primi importanti investimenti sulla creazione di e-book.
Personalmente, la modalità che ritengo più idonea allo scopo e più fattibile è quella delle licenze collettive estese, già oggetto di numerosi studi. La filosofia alla base del copyleft e delle creative commons, come di tutte le licenze open, è del tutto condivisibile (è quella che io stessa scelgo e sceglierei), ma al momento le licenze collettive sembrano essere il migliore sistema, lecito ed equo, per garantire un’equa remunerazione anche a coloro che scelgono, più tradizionalmente, la tutela ad opera delle Società di Gestione.