High costs

Lo ammetto, sono stanco di sentir parlare di progetti low cost. Il basso costo aguzzerà l'ingegno di produttori e politici fac-totum, ma di sicuro depaupera i territori, sotto paga le maestranze, mortifica le professionalità, uccide la concorrenza, costringe in catene la libertà artistica, uccide i fornitori. E produce film di merda che non vedrà nessuno.
Ecco, l'ho detto.
Ma che poi sia la sinistra intellettuale (sia pure d'antan) a farsi promotrice di queste idee malsane allora no, è troppo anche per me.
Viva i film ad alto budget, quelli che il pubblico ama per la loro qualità, per l'altisonanza delle storie, per l'universalità della messa in scena, per la felicità di maestranze, attori, produttori, fornitori e territori. Chiedere film a basso budget è una battaglia di retroguardia angosciante.
 
Fonte d'ispirazione

5 Responses
  1. C’e’ da immaginare nuovamente tutto.
    Hai ragione a dire che il low cost e’ spesso concentrato sul taglio delle risorse umane, quelle che non sono “costi” ma appunto materie prime da trasformare per produrre con qualita’.
    Con il no-budget pero’ formi le nuove leve.
    Non e’ possibile, anche cosi’, tra noi, per gioco, inventare culture nuove che non abbiano piu’ da ragionare in termini di (hi, no o low) budget? Che sono I SOLDI?
    Non erano solo un modo di contare in origine? Perche’ ci hanno preso la mano?
    E’ possibile pensare un modo di liberare la creativita’ artistica, cambiare l’industria, creare professionalita’, far nascere nuove professioni e fare film bellissimi che vedranno un sacco di persone, senza partire dalla parola danaro?
    E ultima domanda (retorica), non sta’ gia’ succedendo?

  2. No, Federico, non sta già succedendo. Quel che vedo sono prodromi di un futuro non ancora acceso: crowdsourcing e crowdfunding, azionariato diffuso, microbudget, crossmedialità sono parole diffuse in Europa, ma anche a Londra dove sono stato pochi giorni fa e, tra le altre cose, ho proprio discusso di funding con i più importanti produttori UK based e i colleghi di Film London (la loro film commission), sono ancora solo ipotesi non verificate. Almeno per quel che concerne le risorse siamo ancora legati a un vecchio modello novecentesco. Il punto è che non si vedono nuove storie capaci di sconvolgere canoni artistici, produttivi e dunque di creare un nuovo pubblico. Senza le storie non ci sarà pubblico. Senza pubblico non ci saranno risorse.

  3. …….dall’inizio del 2012 ho preso il coraggio di cominciare a dire no,naturalmente dopo aver superato il provino, a quelle produzioni no/low cost che dalla loro ,(leggendo i testi degli avvisi di certi casting,alcuni dei quali veicolati tra l’altro anche dal sito dell’AFC)non sempre sono state ,una volta in sede casting e provino,chiare e trasparenti, ma mi verrebbe di dire leali.
    Il mio personalissimo bilancio (2012)di produzioni no/low cost a cui avrei potuto partecipare da inizio anno:
    – 5 cortometraggi (di cui due con finanziamenti AFC)
    – 2 lungometraggi (produzioni romane) con paghe assimilate a rimborsi spese di… udite udite..15 euro per una figurazione speciale con battuta. E magari in qualcuna di queste produzioni e nei relativi soggetti c’erano pure ” nuove storie capaci di sconvolgere….”
    Indubbiamente i più penalizzati da questo andazzo ,tra le varie risorse umane della produzione cine audiovisiva, sono gli attori.
    Queste sono le “storie” purtroppo brutte che contornano certo cinema che di sicuro non ci fa crescere.

  4. Non mi trovo assolutamente d’accordo. La qualità e l’altisonanza delle storie non dipendono assolutamente dal budget speso, ma appartengono alla creatività e al genio degli artisti. Piuttosto che inneggiare film ad alto budget, preferirei recuperare un modo di fare cinema diverso, improntato su valori di condivisione e sulla passione per quella che prima di essere un’industria è – o dovrebbe essere – un’arte. Si vedono tanti filmacci e commediucole con budget di milioni di euro, dove l’elemento artistico è pari o vicino allo zero. Sinceramente preferisco mille volte un film realizzato senza sprechi, inclusi quelli ambientali, senza cestini del catering mai aperti e buttati nella spazzatura, dove – per carità – tutti sono retribuiti, dove tutte le norme siano rispettate (a cominciare da quelle assicurative e previdenziali) ma in cui prima del fattore soldo ci sia la condivisione di un progetto artistico comune e gente entusiasta sul set. Di soldi da investire, inutile prenderci in giro, in questo momento storico ce ne sono pochi. Per cui se artisti e maestranze accettano una piccola decurtazione dei propri compensi per prendere parte a un progetto di qualità non credo sia un fatto da giudicare con sfavore. Ci sono film low budget che hanno fatto storia, per cui ritengo che questo tipo di produzione sia possibile e che non pregiudichi affatto la qualità artistica e la buona riuscita di un progetto, se questo è diretto e realizzato da professionisti competenti. Certo che se il low budget è associato alla carenza di idee e di originalità delle storie, allora sì che ne esce un quadro ancora più misero del normale.

  5. Il problema è sempre lo stesso…la qualità della storia oltre che tecnica. Puoi raggiungerla con 1000 euro come con 1 mlione di euro…poco importa. In un paese civile si investirebbe sul nuovo e sui giovani in maniera trasparente e abbondante…partendo dal fatto che i giovani hanno più energie, si adattano più facilmente e hanno un occhio diverso nel cogliere sfumature del mondo in cui viviamo e, che forse, gli appartiene maggiormente. Se a Pupi Avati ci vogliono 3 milioni di euro minimo per raccontare la sua storia a un giovane potrebbero bastarne 50 mila, proprio in virtù di questo aspetto. Se poi uno non è in grado di scrivere e dirigere un film di qualità, è un altro discorso ma onestamente la percentuale di film di qualità e di film oggettivamente insufficienti mi pare sia la stessa in ogni fascia di budget grosso modo…solo che se sbaglia un giovane con 50 mila euro di budget tutti gridano al sistema “indipendente” che non funziona, se sbaglia un nome grosso, non gliene frega nulla a nessuno perché tanto tutti (maestranze e tecnici comprese…) si sono già trattenute la propria fetta di utili e della qualità, in fondo, poco importa ai più. Siamo il paese in cui si sciopera unicamente per i settimanali e non per i prodotti televisivi generati per decenni che hanno trasformato l’Italia in un paese a dir poco dormiente…di che ci stupiamo? Sono solo i soldi che ci spingono a parlare.Se non si investe sui giovani e sulle idee nuove, pure finanziando a pioggia progetti indipendenti con 50 mila euro piuttosto che 1 lungometraggio “high budget” non si uscirà mai da questo piattume e non si darà mai la posibilità ala gente in gamba di farsi notare…sempre e solo i soliti si arrogheranno il diritto di potere fare cinema e con i risultati che, oggi, sono sotto gli occhi di tutti…certo, se pretendiamo che ogni film a basso budget debba essere un capolavoro, non abbiamo capito minimamente il senso di avere una palestra in cui i cineasti si possano fare le ossa e avere accesso in maniera meritoria ai budget più cospicui, maturando poco a poco.

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