In Italia non esiste un vero mercato del cinema e dell'audiovisivo. Le responsabilità sono politiche, innanzitutto. Perché nessun governo nell'ultimo decennio, ha avuto il coraggio di liberalizzare l'audiovisivo, per citare un bel ragionamento di Maurizio Sciarra (http://www.pdpuglia.org/sito/rassegna-stampa/comunicati/234-universo-audiovisivo-le-nuove-frontiere-del-digitale-partecipa-maurizio-sciarra.html) e il duopolio è diventata la scusa per dire sempre le stesse cose nei convegni e non accorgersi che nel frattempo il sistema della distribuzione aveva massacrato il prodotto e che manager sempre più scadenti si erano appropriati di ogni ganglio di aziende un tempo floride e importanti nel settore privato. Dove scadente significa essere incapaci di riconoscere il prodotto, di valorizzarlo, di capire i gusti degli italiani e di anticiparli, magari. Non, invece, di assecondarli verso il basso. Tutti sanno ormai, ad esempio, che Mediaset ha deciso di disinvestire in Medusa e che Rai Cinema, che potrebbe funzionare benissimo se solo avesse qualche euro in più, è troppo sensibile ai voleri della casa madre di Viale Mazzini (cioè del Parlamento). In un mercato così asfittico, evidentemente il desiderio di certa cattiva politica è tenere i produttori indipendenti (cioè l'unica vera risorsa del nostro sistema) sotto lo schiaffo della risorsa pubblica sempre più ridotta. Dunque i produttori si sono trasformati in piccoli politici di bassa lega, capaci cioè di strisciare lungo il muro dei contatti giusti, latori di storie edulcorate e corrette, che possano piacere al gusto medio televisivo - finanziatore di unica istanza - e dunque, incapaci di varcare i confini nazionali se non per miracolose congiunture. Siamo all'anno zero, dunque. Chi sopravviverà a questa crisi etica, semiologica e finanziaria, sarà più forte domani, ma solo se il domani lo avrà anticipato con storie e produzioni coraggiose, anche a basso budget, ma capaci di rompere l'assedio dei costi alti dettati da agenti impazziti (e fomentati dai loro talent), da una pirateria che, in nome della libertà della rete, ha instaurato un regime populista di fatto: quel che mi piace mi prendo, senza pagare. E se sarà in grado di sopravvivere alla mortificante esigenza di costruire budget "spezzatino" e alla fatica di dialogare con mille interlocutori diversi e spesso incapaci di ascoltare e capire. In tutto questo la sinistra è afasica e questo fa davvero male. Perché questi temi un tempo non avrebbero lasciato dormire i quadri dirigenti del PCI. E allora tocca agli uomini e alle donne di buona volontà, riprendere in mano un discorso pubblico sul cinema e l'audiovisivo, sulla cultura e sulla industria della cultura. Perché occorre costruire il "day after" e serve farlo subito. Come, ad esempio, segnale singolare per un uomo contiguo per cultura e storia agli ambienti della destra cattolica capitolina (dunque non esattamente il massimo in tema di apertura culturale), ha fatto in una mirabile intervista l'avvocato Michele Lo Foco. Davvero molto condivisibile. Claudio Napoleoni invitava anni fa a "cercare ancora". Noi non ci dobbiamo fermare mai. Continuando a cercare e a studiare.
Fonte: Tespi