La Apulia Film Commission è orgogliosa di annunciare la partecipazione allla 23^ Settimana Internazionale della Critica di Venezia, come evento speciale di chiusura, del film documentario di Pippo Mezzapesa, "Pinuccio Lovero".
A Pippo, agli sceneggiatori, al cast e alla troupe va l'augurio di ogni fortuna e il sostegno della intera Puglia.
23. Settimana Internazionale della Critica
28 agosto – 5 settembre 2008
La Biennale di Venezia
e il Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani
presentano il programma della 23. Settimana Internazionale della Critica
I sette lungometraggi d'esordio che compongono il programma della 23. Settimana Internazionale della Critica, provenienti da altrettanti paesi del mondo, sono tutte "prime mondiali": la notizia, al di là del facile orgoglio per noi selezionatori, non è davvero di poco conto. E' diventato sempre più difficile, nel mare magnum di rassegne e festival concentrati in un breve lasso di tempo (la maggior parte dei quali per poter sopravvivere pretende "dead line" di risposta, da parte dei registi invitati, molto anticipati, finendo per richiedere addirittura la prima mondiale anche per sezioni non internazionali) riuscire ad allestire un programma che, come il nostro di quest'anno, presenti film mai mostrati nemmeno nel loro paese d'origine: si tratta di film nuovissimi, alcuni appena terminati, altri opzionati un po' di tempo fa approfittando del prestigio che la nostra Settimana continua a guadagnarsi negli ambienti internazionali.
E' per questo che l'unico film già uscito nel suo paese, il norvegese Lønsj (Lunch) di Eva Sørhaug, che ci piaceva tanto ma avrebbe costituito semplicemente una prima internazionale, è stato scelto come film d'apertura, fuori concorso: è un film che colpirà molto, ne siamo sicuri, una commedia drammatica, acida e crudele, sull'insensibilità e l'egoismo contemporanei, in cui gli elementi più deboli, come i bambini o ancora in molti casi le donne, finiscono per pagare in maniera tragica.
Paesi diversi, si diceva. Alla ricerca di fermenti e dinamiche creative negli esordi provenienti da zone e territori meno esplorati, ci siamo imbattuti in non poche sorprese: a cominciare dal film bosniaco Čuvari Noči (Guardiani di notte), stralunata e laconica incursione nella notte di alcuni guardiani di un grande magazzino, radiografia condita di humor nero sui postumi della guerra nella ex Jugoslavia. Oppure il film di un regista afghano rifugiato in Francia dall'età di 15 anni, Kabuli Kid (Il bambino di Kabul), finanziato dai francesi ma interamente girato per le strade di una città distrutta dalle bombe ma vogliosa di ricominciare, con lo spirito positivo del protagonista del film, un tassista che si ritrova un neonato abbandonato nella vettura. E ancora, in quanto a paesi poco visitati, la Malesia, dalla quale i festivalieri sono abituati a ricevere piccoli film girati in digitale e che invece con Sell Out! (Vendi!) ci invia l'esordio di un regista che si confronta con uno scoppiettante musical satirico sulla globalizzazione e sul degrado dei media.
Poi le conferme. Dalla Turchia, che sta conoscendo una ventata di innovativa creatività, arriva İki Çizgi (Due linee), raffinato ritratto di una coppia nella Istanbul contemporanea alle prese con i mutamenti esistenziali e sentimentali indotti dalla modernizzazione e dalla occidentalizzazione; dalla Cina, tanto per cambiare, ancora un piccolo gioiello di regia e di intensità narrativa, Huanggua (Cetriolo), che ci parla dei traumi quotidiani di personaggi spaesati fra la provincia e la città; dalla Francia, sempre generosa con le forze giovani desiderose di esordire, un documentario costruito come un film di finzione,
L'apprenti (L'apprendista), emozionante ritratto di un ragazzino di 15 anni che ha deciso di diventare agricoltore e allevatore e che mescola il suo apprendistato professionale con quello esistenziale.
Per finire con gli italiani. Due film quest'anno, uno in concorso, uno in chiusura: conferma anche questo di un ritrovato vigore produttivo e creativo sulla scia dei successi cannensi? Forse, ma anche più semplicemente volontà da parte di questo osservatorio appassionato e libero che è la SIC di segnalare due esempi di cinema indipendente e artigianale, che devono far riflettere sia sul rischio di cadere nei facili entusiasmi, sia sulle reali possibilità che il cinema italiano ha per uscire dalla crisi.
Nel caso del titolo in concorso, Pranzo di Ferragosto di Gianni Di Gregorio, si tratta di un piccolo ma prezioso film realizzato da un esordiente magari non giovanissimo anagraficamente ma sicuramente tenace e appassionato come un ragazzino: una sorta di commedia amara sulla vecchiaia e sulla voglia di vivere, interpretata oltre che dal regista da un cast di vitalissime e arzille signore e prodotta da Matteo Garrone con il quale Di Gregorio ha più volte collaborato come sceneggiatore.
La chiusura l'abbiamo invece affidata a un documentario surreale ma non per questo meno calato nella realtà contraddittoria di un territorio "in estinzione", come la provincia pugliese: Pinuccio Lovero del giovanissimo Pippo Mezzapesa è il divertente e ritmato ritratto di un utopista filosofo che persegue un sogno piuttosto atipico, quello di diventare becchino. Fare il proprio mestiere e farlo bene, un desiderio di concretezza, come nel film francese, come antidoto alla precarietà del vivere e all'omologazione imperante.