A Cannes 2011 finalmente si muove qualcosa sul piano nord americano: ho incontrato, infatti, diversi produttori di oltreoceano interessati a noi, ai nostri strumenti di sostegno, al combinato disposto di tax credit e facilities territoriali.
Per fare questi incontri, nei tre giorni di permanenza in costa azzurra, mi sono spostato dallo stand italiano a quello USA.
Nello stand italiano - cui si entra senza permesso - solitamente funziona così: centinaia di persone senza una mèta lo affollano per scambiare un saluto, per farsi notare dal produttore di passaggio, per scroccare la lettura dei giornali italiani e poi, magicamente, alle ore 13, arrivano tutti gli italiani accreditati presenti al festival per provare a mangiare qualcosa che però non ho mai assaggiato e non posso dunque giurare sulla qualità (solitamente offrono formaggio e vino, caffè e grissini, ecc.). Insomma il puro cazzeggio italico.
In quello USA, invece, non entri se non sei accreditato da un cittadino americano che garantisce per te e ti cede uno dei suoi accrediti giornalieri. Entri e l'atmosfera si fa rarefatta: ai tavolini tutti trattano e parlano di film (mai di politica come noi italiani amiamo fare...!), poi ti portano in un'area riservata dove alcune hostess ti offrono da bere e tu puoi in santa pace discorrere di affari con il tuo interlocutore. Lascio a voi capire quale approccio sia, in un luogo come Cannes (già di per sé pieno zeppo di distrazioni), la soluzione migliore.
Me lo domando da anni: perché scambiare uno stand istituzionale (Anica e Cinecittà gli organizzatori di quest'anno) per uno di natura turistico-gastronomica? Potessi decidere io renderei possibile l'accesso solo agli addetti ai lavori. Per tutti gli altri c'è una città meravigliosa in cui passeggiare, centinaia di bistrot da frequentare, comode spiagge da inondare. Ma io a volte scopro di non essere italiota...