Il racconto di una storia vera e straordinaria, che parte dall’Italia e viaggia per il mondo per portare una testimonianza di semplice, pura, enorme umanità. È la storia raccontata in “Maestro”, il film documentario di Alexandre Valenti, una co-produzione tra Italia e Francia, che giovedì 26 (alle 23.10) e venerdì 27 (alle 15.20), andrà in onda su Rai 3 per le iniziative dedicate alla “Giornata della Memoria”. A febbraio, invece, l’opera di Valenti sarà programmata su France Television.
Il documentario, realizzato con il contributo di Regione Puglia - Fondi FSC e PO FESR 2007-2013 - e il sostegno di Apulia Film Commission, nasce sotto l’Alto Patrocinio dell’UNESCO e dell'UCEI. Finanziato da RAI 3, FRANCE 2 e FRANCE 5, CNC, Ile de France, SACEM e Fondation pour la Mémoire de la Shoah. Dal 27 gennaio il film sarà distribuito da Istituto Luce-Cinecittà in 200 sale per le scuole in Italia.
Il progetto filmico ha un’anima fortemente pugliese perché vanta un protagonista pugliese, Francesco Lotoro (musicista di Barletta e oggi personalità di spicco a livello internazionale), e la società di produzione pugliese Intergea di Donatella Altieri e Dario Di Mella, che ha dato il via nel gennaio 2013 a questo progetto dal grande respiro internazionale, grazie anche alla partnership con la DocLab (Leone d’Oro nel 2013).
Il film è dedicato, quindi, alla figura e all’impresa di Lotoro, 49enne pianista e compositore di Barletta, che da oltre 20 anni ricerca, raccoglie, trascrive ed esegue in concerto con la sua Orchestra di Musica Concentrazionaria, le musiche composte dagli internati nei campi di concentramento della Seconda Guerra Mondiale. Un repertorio enorme, un mondo musicale in grado di rivoluzionare la storia stessa della musicologia, nonostante le condizioni disumane in cui ha preso forma, negli anni dal 1933 al 1945 a opera di donne e uomini, artisti delle più diverse origini.
Melodie, canzoni, sinfonie, concerti, creati da ebrei, zingari, prigionieri politici, soldati e ufficiali francesi, russi, polacchi, olandesi, belgi, inglesi italiani, e perfino militari americani bianchi e neri con i loro ritmi blues; musicisti che componevano mentre il mondo intorno a loro era una prigione, e che per la maggior parte non ne tornarono vivi.