Ieri si è svolta a Roma, presso la vetusta e affascinante sede del Centro Sperimentale di cinematografia, la prima "Conferenza nazionale del Cinema", curata dalla Direzione Generale Cinema, retta da un uomo intelligente e leale come Nicola Borrelli e convocata dal Ministro, Msssimo Bray per consentire una riflessione aperta tra tutte le categorie impegnate nel comparto, sulla possibile riforma di sistema.
La storia della preparazione di questa Conferenza che vive di due momenti, il secondo dei quali si terrà sabato prossimo, 9 novembre, all'interno del Festival, è presto detta.
Prima dell'estate il Ministro ha nominato - a titolo gratuito - una commissione composta da una ventina di persone che, a titolo personale o in rappresentanza di associazioni di categoria, proponesse il percorso organizzativo della Conferenza.
Inizialmente programmata per settembre, durante la Mostra del Cinema di Venezia, l'iniziativa fu rinviata per l'evidente imbarazzo causato dall'inopinato taglio ai fondi del tax credit, poi ripristinato, rimpinguato e stabilizzato il 2 agosto scorso.
Sicché arriviamo a ieri. Una giornata per me un po' magica: dopo una lunga, faticosa mediazione, la formula scelta è stata quella di un "open space technology" spurio, ma assai efficace, che ha consentito al curioso, alla giovane allieva del Csc, al navigato produttore, al vecchio battitore di marciapiedi, al presidente della tal piccolissima associazione di promozione cinematografica o al grande esercente di stare per ore e ore ad ascoltar tutti, senza annoiarsi nemmeno un istante. Nella fiducia che ogni parola verrà portata a sintesi, a servizio della politica cui spetta adesso il compito di trarre le necessarie conclusioni operative, sostenuta dall'Amministrazione.
L'orizzontalità della formula, ha posto tutti dinanzi alla forza della democrazia partecipativa. Dimostrando - ancora una volta - che la costruzione della soggettività non passa solo per la rappresentanza, ma per la fatica della costruzione di società. E che il berlusconismo (cioè la tendenza a ritenere lo spazio economico unico e fondamentale nella costruzione dell'identità collettiva, come ci racconta a modo suo Zalone nel suo ultimo film) lo possiamo superare solo così, costruendo lentamente una contro narrazione, aprendo le porte, non spaventandoci della voce dissonante, disperata, animosa. Ma includendo, aprendosi al confronto, capendo che l'altro da noi può avere idee importanti, cui noi non siamo in precedenza stati in grado di giungere.
Essendo dunque anti snob si può uscire dal terribile ventennio che ci ha ridotti qui, nel cantuccio della inconsistenza internazionale, nella incapacità di capire i processi reali, nella mania di ritenerci superiori.
La giornata di ieri non è stata priva di errori e difetti. Io, almeno, li riconosco tutti e sono certo anche coloro i quali oggi si sono pentiti di non aver creduto nella forza della democrazia reale. Mancata comunicazione esterna, troppi filtri e paure di vedersi invasi, proceduralizzazione eccessiva, tempi contingentati in modo ossessivo.
Ma nel complesso mi pare che i volti distesi che ho visto a pranzo, lo sguardo aperto che ho riconosciuto nei nostri più aperti produttori, la fiducia reciproca creatasi dopo l'iniziale interrogativo circa la forma assunta dalla Conferenza, lo stupore per la novità così dirompente rispetto alle consolidate pigre abitudini alla passività; raccontino meglio di ogni altra considerazione che essere cocciuti, a volte, paga.
Chiudo segnalandovi la recensione di Marco Giusti al film "Sole a catinelle", che trovo faccia il paio con quanto vado pensando e dicendo in questo post. Perché noi abbiamo bisogno - come mi ha detto ieri il prof. Balassone - di pensiero e di leadership. Una cosa, senza l'altra, ci ha devastati per vent'anni.
Non lasciamoci dunque sfuggire l'occasione storica di costruire almeno un pensiero condiviso.
Fonti:
Conferenza nazionale del Cinema
Il cinema dei Giusti
P.s.
In questi mesi mi sono sentito un po' solo, lo ammetto. Ma ero - appunto - cocciutamente convinto che sarebbe andata così. E così è andata. Nella solitudine però, diverse persone - in particolare quei volti belli che animano la rinnovata direzione generale del cinema e che ne circondano il dirigente in capo, più di altre, mi hanno convinto che alla fine ce l'avremmo fatta. Iole, Chiara, Mariella, Federica, Bruno sopra tutti. E poi Martha e altri ancora fuori di lì. Gioco di squadra, gioco vincente.
P.p.s.
E poi Antonella, sempre con me sulle battaglie che contano sul lavoro, con Davide e Anna e Robi della IFC a sostenere ogni impresa e Riccardo che mi ha donato la telefonata più inaspettata e Angelo da gran sornione qual è e al saggio Antonio che a un certo punto m'ha detto "Ma ndo vai?", grazie grazie grazie.
13 Responses
Comments are closed.
…che MERAVIGLIA:
“un uomo intelligente e leale”…”ascoltar tutti, senza annoiarsi nemmeno un istante”…”la fatica della costruzione di società”…”aprendo le porte, non spaventandoci della voce dissonante, disperata, animosa”…”includendo, aprendosi al confronto, capendo che l’altro da noi può avere idee importanti, cui noi non siamo in precedenza stati in grado di giungere”…”i volti distesi che ho visto a pranzo, lo sguardo aperto che ho riconosciuto nei nostri più aperti produttori, la fiducia reciproca creatasi dopo l’iniziale interrogativo circa la forma assunta dalla Conferenza, lo stupore per la novità così dirompente rispetto alle consolidate pigre abitudini alla passività; raccontino meglio di ogni altra considerazione che essere cocciuti, a volte, paga”,
Avete finalmente creato, perfino in Italia, l’universo dell’armonia totale. Molti di noi si sentono a un passo dal Paradiso, altri già immersi nei favolosi scenari del Nirvana, altri ancora ineluttabilmente incamminati nel percorso della saggezza del Buddha.
…THE WONDERFULL WORLD OF THE ITALIAN CINEMA…anzi: “de uanderful uorld”…
Mi pare evidente che lei, signor/a “vodkaeluna” non ci fosse, dunque.
Se ci fosse stato avrebbe percepito cose positive. Non trova?
Almeno il beneficio del dubbio se lo concede?
Saluti.
Anche io sono rimasto discretamente sconcertato, leggendo l’entusiastica relazione di Silvio Maselli rispetto alla Conferenza Nazionale sul Cinema, che egli stesso ha contribuito ad organizzare: sono un grande estimatore del Nostro e ritengo il suo “Diario” sul sito dell’Apulia Film Commission una fonte preziosa di stimoli e suggestioni. Ma, in questo caso, il tono positivo (in stile ultra-Jovanotti) sorprende veramente. Comprendo l’ottimismo della volontà, ma qui siamo verso la dimensione del surreale. L’iniziativa tenutasi al Csc sarà stata stimolante, come tante altre iniziative organizzate nel corso degli anni, che spesso risultano scritte sulla sabbia o sull’acqua: per esempio, i (sedicenti) Stati Generali del Cinema tenutisi qualche anno fa in occasione del Festival Internazionale del Cinema. Bla-bla-bla… di cui non resta né traccia scritta né memoria reale, né alcuna conseguenza fattuale nel “policy making” del Ministro di turno. In occasione della Conferenza romana, non è stato distribuito un paper documentativo uno né risulta essere stato attivato lo streaming o effettuata la videoregistrazione del dibattito. Sarebbe interessante un “libro bianco” con la raccolta dei pareri dei partecipanti, ovvero un digesto delle (immaginiamo tante) “1.000 battute 1.000” che erano state richieste per poter partecipare alla kermesse, in risposta ad 1 dei 18 quesiti… Mi domando, scherzosamente, se il testo postato da Maselli sul suo blog sia frutto di un’overdose di tisane rilassanti, a causa dello stress Bari-Roma che deve affrontare il buon Silvio, nella sua inevitabile parziale “schizofrenia” tra il ruolo di Direttore dell’Apulia Film Commission e di Segretario Generale dell’Anica. In ogni caso, chi scrive queste noterelle non condivide né la lettura ottimista né la qualità metodologica dell’iniziativa, che mostra peraltro alcune preoccupanti somiglianze con un’altra operazione promossa dal Ministro Bray, ovvero la commissione per la riforma del Mibact. Se questo è il “new deal” della politica culturale italiana, esso appare veramente… timido! Chi è appassionato di queste tematiche, può leggere approfondimenti critici sulle colonne di “Tafter”:
– sulla commissione Mibac, qui:
http://www.tafter.it/2013/11/05/le-fumose-proposte-della-commissione-per-la-riforma-del-mibact/
– sulla conferenza, qui:
http://www.tafter.it/2013/10/30/conferenza-nazionale-del-cinema-ce-chi-sceglie-di-non-esserci/
Buona lettura.
Grazie per l’attenzione.
Cordiali saluti a tutti.
Angelo Zaccone Teodosi
(www.isicult.it) a.zaccone@isicult.it
(7.11.2013)
Mi piace questo dibattito e mi fa molto piacere il tono agrodolce di Zaccone che reputo persona di grande valore scientifico e dunque prendo sempre molto sul serio.
Per questo rimango davvero basito: detesto, infatti, da sempre, musica e stile di Jovanotti. Tutto potevate dirmi, tranne questo. Una vera ferita a morte per chi è cresciuto e continua a crescere ascoltando alt rock!
Grazie per il feedback. Mi spiace insistere, ma la descrizione della Conferenza Nazionale sul Cinema gronda pensiero positivo ad oltranza, ed il mio commento critico non voleva certo essere… offensivo (personalmente, ritengo che Lorenzo Cherubini sia un artista che ha realizzato anche gran bella musica, esplorando anche territori di frontiera del rock, oltre che della world). Ciò premesso, la critica è nel metodo: come diavolo si può ragionare, seriamente, di tematiche di politica cinematografia ed economia della cultura, se in Italia NON esiste un sistema informativo all’altezza di queste esigenze?! I dati e le informazioni sono parziali, frammentarie, disomogenee: ciò vale per la ormai storica Relazione annuale sul Fus o per la più recente relazione sul cinema promossa dalla Dg di Nicola Borrelli. La lezione di Einaudi del “conoscere per deliberare” è completamente ignorata da ministri e direttori generali e funzionari di vario livello: in occasione di un dibattito, qualche giorno fa, promosso da Civita a Roma sul rapporto tra fisco e cultura, alcuni ricercatori (indipendenti, specie assai rara in Italia) hanno rimarcato come le stime del Mef e del Mibact sugli interventi dei privati nella cultura siano lontane anni-luce. Presenti il Vice Ministro Fassina (Mef) e la Segretaria Generale Pasqua Recchia (Mibact), nessuno dei due ha commentato questo (ennesimo) deficit cognitivo. Ma, pur in assenza di dati attendibili e di stime validate, hanno continuato a proporre le loro simpatiche elucubrazioni. Nella miglior (peggiore) tradizione italica. Mi auguro che gli sforzi di Bray vadano oltre la convocazione di assemblee e comitati, perché la politica non può che produrre risultati sgangherati, se non dispone della famosa “cassetta degli attrezzi”. Mi si scusi il vizio da ricercatore, ma, da oltre un quarto di secolo, ascolto ardite teorizzazioni (a sinistra e a destra…) deficitarie di fondamenta cognitive. La stanchezza è infinita, la noia enorme. Sarà certamente interessante leggere la relazione finale sulla Conferenza Nazionale sul Cinema che verrà sottoposta a Bray sabato prossimo. Ed ascoltare le sue reazioni. Lo scetticismo resta comunque veramente tanto. Ma comunque… “chi vuol esser lieto, sia… “! Angelo Zaccone Teodosi (www.isicult.it) a.zaccone@isicult.it (7.11.2013)
Argomenti condivisibili assai. Tanto che da tempo stiamo pensando (ma senza ancora aver trovato il tempo e le risorse necessarie per varare) agli open data anche sul portale della Apulia film commission.
Che non lesina informazioni su tutto quel che fa e opera in modo iper trasparente. Almeno rispetto alla media delle PA consimili.
Sono dunque d’accordissimo con quanto dice Zaccone rispetto alla necessità di comprendere per governare. E di produrre dati autorevoli e secchi, da lasciar interpretare agli analisti indipendenti.
Ma tutto questo cosa c’entra con il risultato innovativo di una conferenza aperta, in cui chiunque ha potuto intervenire, da protagonista, invece che subire gli interventi già visti e già sentiti dei vari esponenti associativi?
E, soprattutto, se Zaccone non vi ha partecipato e dunque non ha percepito quel clima, non ha parlato con i tanti volti mai prima visti eppure entusiasti di sentirsi finalmente chiamati a contare, posso almeno ritenere che la sua sia una posizione preconcetta?
Nella speranza che questi scambi di opinione stimolino ancora gli affaticati neuroni dei lettori di questo bel blog, mi vedo costretto a ribadire quel che ho spiegato chiaramente nell’articolo pubblicato su “Tafter” il 30 ottobre scorso, dedicato alla Conferenza Nazionale sul Cinema (il titolo poteva anche essere “c’è chi dice no”): premesso che ho ascoltato i pareri di alcuni dei partecipanti alla kermesse ed ho registrato tiepidi apprezzamenti e non particolari entusiasmi (ma forse il mio non è stato un “campione rappresentativo”), la questione è, ancora una volta, di metodo. Senza dubbio, è utile “chiamare” a congresso (ovvero in una libera assemblea) anche coloro che generalmente non fanno parte della “compagnia di giro” e del “coro” dell’associazionismo storico dell’italico cinema, ma le mie critiche sono state manifestate rispetto alle metodiche. E non possono che essere in parte anche “preconcette” anzi “pregiudiziali”: “ex ante”, è infatti autoritario imporre, per la partecipazione, uno schema chiuso di 18 argomenti 18 (definito da chi, non è dato sapere), ed obbligare a redigere un commento su 1 questione 1 soltanto (con l’effetto di una parcellizzazione dei saperi); è repressivo imporre il limite di 1.000 battute 1.000 come dimensione del testo… E domando, “ex post”, perché questo flusso di commenti ed analisi non sia stato reso pubblico, sia in occasione della Conferenza sia su un blog ad hoc, ovvero sullo stesso sito web della Dg Cinema del Mibac: se ne potrebbe fare un “libro bianco”. E perché non s’è pensato (cioè non ha pensato, la misteriosa commissione organizzatrice della kermesse) a distribuire un questionario ben strutturato, che consentisse una rilevazione seria delle opinioni delle centinaia di partecipanti?! Una “conferenza nazionale” che non propone ai partecipanti 1 documento 1 di lavoro, né 1 dossier documentativo 1, non si pone come iniziativa che vuole approfondire realmente l’analisi dei fenomeni sulla base dei dati: e qui torniamo al punto “dolens” cioè al nesso tra il senso di kermesse di questo tipo (vecchie o nuove che siano, nella sostanza o nella forma) ed il perdurante infinito deficit informativo del sistema culturale italiano (da cui derivano strategie politiche inevitabilmente fallaci). Quindi, parafrasando un noto raffinato retore, la critica, nel caso in questione, “c’azzecca”: eccome c’azzecca! Attendiamo di leggere quel che emergerà dal documento di sintesi sottoposto al Ministro, cioè il distillato di saggezza che sarà emerso da cotanta dialettica partecipata. Grazie per l’attenzione. Buona giornata a tutti. Angelo Zaccone Teodosi (www.isicult.it) a.zaccone@isicult.it (8.11.2013) P. S. Qualcuno ha mai riflettuto seriamente sul continuo de-potenziamento delle funzioni ed attività e del budget dell’Osservatorio dello Spettacolo, che pure la “legge madre” del 1985 (istitutiva del Fondo Unico per lo Spettacolo), aveva pensato dover essere lo strumento per una politica basata sulla conoscenza?! Riflettiamoci seriamente: chi ha interesse al mantenimento di un sistema informativo grigio ed opaco, all’assenza di sistemi valutativi e di analisi di impatto?! Vale per il Mibact, vale per l’Agcom, eccetera.
Vi farò una rivelazione. Qualche settimana fa, dopo che a maggioranza (con la mia posizione nettamente contraria) la Commissione preparatoria della Conferenza ha approvato lo schema di partecipazione (frutto di un compromesso tra la mia posizione ultra aperta e quella della maggioranza della commissione, ultra chiusa e tradizionale) con le 1.000 battute, il filtro alla partecipazione ecc…, ho preparato una nota di dimissioni dal tavolo.
Poi un amico caro, persona intelligente di nome Antonio P., mi ha detto: non lo fare. Se esci dal tavolo diranno che sei il solito rompi coglioni e soprattutto faranno come dicono loro, lo schifo chiuso e inutile. Se rimani dentro almeno consentirai a qualcuno di partecipare e dire la propria ed essere ascoltato ecc.
Ho fatto così e non me ne pento.
In tanti, tra i componenti la Commissione e soprattutto semplici partecipanti, mi hanno riferito il loro piacere per aver partecipato a quella giornata. E in tanti si sono resi conto che la partecipazione, l’apertura, la democrazia è più faticosa, ma più utile per cambiare le cose.
Dunque da qui deriva il mio jovanottistico entusiasmo.
Questa tua “rivelazione” merita un commento, perché è anch’essa sintomatica di un “dietro le quinte” discretamente patologico. A questo punto, da cittadino, à la Grillo, cortesemente domando, non al cooptato nella Commissione organizzatrice Silvio Maselli, ma al promotore dell’iniziativa, il Dg del Mibact Nicola Borrelli: (1.) perché non esiste pubblica evidenza della Commissione che ha impostato la “Conferenza Nazionale sul Cinema”, immaginiamo nominata con decreto ministeriale?; (2.) sulla base di quali criteri di rappresentatività ovvero tecnicalità è stata composta questa Commissione?; (3.) sulla base di quale criterio è stato scelto che due dei tre “rapporteur” dei “tavoli” siano professionisti eccellenti ma entrambi esponenti dell’Anica (Francesca Medolago Albani, Responsabile dell’Ufficio Studi, Sviluppo e Relazioni Associative dell’Anica, per il “primo tavolo”; Bruno Zambardino, direttore didattico dell’As.For.Cinema promossa dall’Anica, per il “terzo tavolo”)?; (4.) perché la Dg ovvero la Commissione ha ritenuto che una simile iniziativa non dovesse essere dotata di adeguati apparati documentativi, da distribuire ai partecipanti come strumentazione tecnica? (5.) perché non è stato prevista la distribuzione dei pareri richiesti (le famose 1.000 battute), al fine di un’adeguata disseminazione dei saperi e condivisione dialettica delle tesi? (6.) perché non è stato previsto lo streaming dei tre tavoli di lavoro o comunque la messa online della videoregistrazione della Conferenza? (7.) perché non è stato predisposto un “libro bianco” e gli atti della Conferenza? Pur sicuro che legga questo blog, sarà mia cura indirizzare queste richieste, da cittadino e da giornalista, direttamente al Dottor Borrelli, nella certezza che vorrà fornire risposte chiare e trasparenti. Per quanto riguarda il suggerimento dell’intelligente Alberto P. (immagino si tratti di Alberto Pasquale, “rapporter” del “secondo tavolo”, se non erro), ed il suo consiglio da “realpolitik” che hai ritenuto di recepire, resto convinto (in nome di quella stessa democrazia che tu evochi) che sia bene restare fieramente “vox clamans”, in talune occasioni, piuttosto che divenire involontari portatori d’acqua di interessi conservativi. Mi auguro, da cittadino, che il tuo impegno ed entusiasmo (e quello di coloro che come te sono, ed hanno partecipato speranzosi alla kermesse) non siano stati scritti – ribadisco – sulla sabbia. O, peggio, sull’acqua. Fermo restando l’apprezzamento per la buona volontà e le belle intenzioni di tutti coloro che – con differenti strategie e tattiche – lottano per il superamento della degenerazione in atto nel sistema culturale italiano. Grazie ancora per l’attenzione e saluti cordiali. Angelo Zaccone Teodosi (www.isicult.it) a.zaccone@isicult.it (8.11.2013)
No, ho detto Antonio P.
Non Alberto P.
Su tutto il resto risponderà, se lo vorrà, il Direttore generale Borrelli.
Da queste o da altre colonne.
Chiedo venia, anche rispetto al tuo (a me ovviamente ignoto) amico “Antonio P.” (che prevalga il diritto alla privacy). Trattasi di una mia proiezione: conoscendo il professor Alberto Pasquale, eccellente ricercatore e persona al contempo moderata (sia ben chiaro, nel senso positivo del termine), e sapendolo ben attivamente coinvolto nella Conferenza Nazionale sul Cinema, ho immaginato che potesse stato lui il tuo consigliere di… “buon senso”. Per quanto riguarda le auspicate risposte del Direttore Generale Borrelli, scommetto che non darà segni, e vorrei sperare si tratti di una mia errata previsione. Nessun commento è pervenuto dalla Dg Cinema del Mibact, allorquando, qualche mese fa, pubblicai questa denuncia sulle colonne del sito web del mensile del gruppo Il Sole 24 Ore “Millecanali”:
http://www.millecanali.it/il-cinema-salvato-dal-tax-shelter/0,1254,57_ART_211361,00.html
segnalando come fosse surreale intitolare un dossier Mibac (Anica) “Tutti i numeri del cinema italiano”. Dal Mibact, silenzio assordante. E credo di essere stato e restare unica voce fuori dal coro, nel denunciare l’anomalia di un Ministero che sostanzialmente “subappalta” ad una associazione di categoria elaborazioni ed interpretazioni del proprio database. Mibact ed Anica hanno addirittura costituito una “unità di studio” congiunta… con buona pace del silenziato (anzi killerato) ministeriale Osservatorio dello Spettacolo. Da non crederci (se fossimo in Francia o nel Regno Unito, ma in Italia siamo…). Grazie ancora per l’attenzione. Credo che i vivaci scambi di opinione su queste colonne possano rivelarsi preziosi per chi crede nel miglior buon governo della cosa pubblica. Cordiali saluti. Angelo Zaccone Teodosi (www.isicult.it) a.zaccone@isicult.it (8.11.2013)
Il blog serve proprio a questo: discutere, approfondire, capire, cambiare.
Lo spazio è aperto.
Caro Silvio,
il mio giudizio sulla vostra iniziativa è estremamente positivo per ciò che riguarda l’allargamento agli operatori di un dibattito sinora rimasto confinato tra i tavoli di politica, amministrazione e associazionismo di settore. Mi convince meno l’idea ritornante di un centro nazionale di cinematografia all’italiana, soprattutto perché non mi sembra che vi siano possibili forme di finanziamento della struttura alternative a una tassa di scopo. Interessante in questo senso cosa si è detto al terzo tavolo della conferenza nazionale, ma allo stato delle cose il prelievo su tutta la filiera mi sembra impraticabile. E personalmente ho qualche dubbio sull’opportunità di dare in mano a una struttura che temo ricalchi l’impostazione attuale della direzione generale Cinema il governo di tutto il sistema. Preferirei poche riforme e strumenti stabilizzati. Credo per esempio che le Film Commission facciano attività preziosissima anche e soprattutto per la promozione al territorio, e mi domando dunque perché una eventuale tassa di scopo che le sostenga non debba prevedere un prelievo anche dall’indotto che producono, che non è necessariamente quello della distribuzione cinematografica.