Alla figura geniale e carismatica di Giovanni Lindo Ferretti, storico leader dei CCCP e ora in versione solista, è dedicato il film documentario “Fedele alla linea” di Germano Maccioni che il Circuito D’Autore di Apulia Film Commission propone al cinema Odeon di Molfetta, da domani 20 giugno fino a mercoledì 26 (spettacoli alle 19.30 e alle 21.30).
Il film è il ritratto di Giovanni Lindo Ferretti, persona pubblica e uomo privato, che negli anni ha disorientato fan e opinione pubblica manifestando un pensiero libero e forte, senza sottrarsi a critiche e fraintendimenti. Un dialogo intimo tra le mura di casa che ripercorre un intero arco esistenziale: dall’Appennino alla Mongolia, attraversando il successo, la malattia e lo sgretolarsi di un’ideologia. Il ritorno a casa infine, tra i suoi monti, per riprendere le fila di una tradizione secolare. Sullo sfondo il suo ultimo ambizioso progetto, Saga. Il Canto dei Canti, opera epica equestre che narra il legame millenario tra uomini, cavalli e montagne.
“Fedele alla linea” è un dialogo, basato su un’alchimia tra soggetto e regista che permette di intravedere quegli spazi, fisici e non, abitualmente celati, che restituiscono prospettive inusuali sulla persona. Pensiero politico-intellettuale e attitudine punk, cristianesimo e comunismo, musica popolare e letture salmodianti, palcoscenico e stalla: questioni esistenziali e storie famigliari che tratteggiano un percorso anticonformista, coerentemente controcorrente.
Annota il regista Germano Maccioni:
“Il ritratto di un poeta contemporaneo, tra i più carismatici e sfuggenti degli ultimi decenni; il racconto della saga umana e artistica di Giovanni Lindo Ferretti per restituire la complessità di un personaggio che ancora oggi riesce a scatenare sentimenti e opinioni contrastanti.
La Parola, prima forma di tecnologia, è messa in relazione con la fisicità maestosa e l’animalità pura dei cavalli, muti testimoni di una nuova progettualità e al contempo fulcro di scelte passate, in un controcanto estetico costante.
I Pensieri tracciano il percorso scandendone il ritmo, dando vita a quadri dai tempi posati, con respiri lenti, ma imprevedibili, dove il girato di oggi si alterna al passato, che incalza e amplifica il racconto. Fondamentale quindi per la costruzione narrativa il reperimento di preziosi contributi d’archivio: inedite immagini dei CCCP Fedeli alla linea nella Berlino degli anni del Muro, scatti dei primi concerti concessi da Umberto Negri, tra i fondatori del gruppo con Ferretti e Zamboni, vhs mai visti recuperati all’interno del Fondo Valdesalici, foto di famiglia, estratti del film di Luca Gasparini, Tempi moderni e sequenze del viaggio in Mongolia tratte da Sul 45° parallelo di Davide Ferrario.
Una certa fascinazione per il cinema sovietico mi ha guidato verso incursioni ardite nell’opera di uno dei maestri degli anni Venti, per scoprire un amalgama possibile fra le sonorità dei CCCP-CSI e l’estetica russa di quel periodo.
Immagini montanare del secolo scorso restituiscono parte di quel mondo arcaico e perduto, quella forza del passato invocata da Pasolini, che in Lindo Ferretti si manifesta a cominciare dall’uso della lingua, nel rapporto con la tradizione, nel cristianesimo e nella ricerca incessante di una religiosità del vivere, o nella capacità di saper vedere in un rudere o in un antico ciottolato anni di potenza generatrice.
Lasciata l’Emilia paranoica, lo sguardo si sofferma sul crinale, insiste sui borghi abbandonati, sull’antica via Transumante che tuttora solca le valli.
Infine la Musica – dove è racchiusa l’essenza della sua opera – si impone e va oltre il concetto di colonna sonora dando forma ai pensieri e alle parole di Ferretti: un excursus dai primi CCCP, ruvidi e all’avanguardia, ai live recenti, più scarni e diretti, fino all’ambiziosa messa in scena sperimentale di un teatro barbarico di uomini, cavalli e montagne.
Rapportarsi con Giovanni Lindo Ferretti significa aver a che fare con una delle personalità più ammalianti e inafferrabili del nostro tempo. Ci siamo conosciuti nel 2002 in occasione di un laboratorio sperimentale da lui condotto a Bologna. Come me, gran parte dei membri della produzione e della troupe che hanno lavorato al progetto, ha fatto parte della sua Bottega di Musica e Comunicazione “in senso medievale”. Ci siamo incontrati, insieme abbiamo fatto un percorso molto intenso a tratti sconcertante e innegabilmente formativo. È una premessa doverosa, non scontata, se consideriamo quanto le alchimie siano importanti, fondamentali a volte, per la riuscita di un racconto per immagini e concetti in movimento. Ci ritroviamo dopo qualche anno, ma in fondo non ci siamo mai lasciati”.